Schede Fitoterapia
Genziana Lutea
La Gentiana lutea appartiene alla classe dei così detti amari, piante che hanno la funzione di stimolare la secrezione acida gastrica agendo sia a livello viscerale che a livello della secrezione cefalica attraverso un interazione con le papille gustative presenti sulla lingua. Questa pianta grazie all’elevata presenza di sostanze dal sapore amaro già a livello del cavo orale aumenta la secrezione acida nello stomaco favorendo così la fase digestiva. Ovviamente l’uso di queste droghe è controindicato in chi presenta problematiche come ulcere, gastriti, esofagite da reflusso etc.
Per sfruttarne al meglio l’efficacia si consiglia l’uso di una formulazione che permetta il rilascio dell’estratto già nella cavità orale. In alternativa si può ricorrere all’estratto fluido diluito in acqua e assunto a piccoli sorsi mezz’ora prima dei pasti.
Le droghe antrachinoniche
Le così dette droghe antrachinoniche sono ad alto contenuto glicosidico. Liberano il loro aglicone nell’intestino dove si ottiene uno stimolo irritante la mucosa con aumento della peristalsi e inibizione del riassorbimento di acqua. Gli effetti collaterali più comuni sono diarrea e dolori. Più preoccupante, in caso di uso cronico, il rischio di pigmentazione della mucosa del colon con aumentata incidenza di cancro e un’atonia intestinale che porta allo sviluppo di stitichezza cronica.
Sono dunque rimedi da usare in modo saltuario solo in caso di reale esigenza.
La camomilla
I fiori di camomilla vengono usati nella tradizione popolare per realizzare un infuso dalle proprietà sedative, proprietà questa mai dimostrate scientificamente. Al contrario l’estratto secco titolato e standardizzato risulta particolarmente utile per le sua attività antinfiammatoria e spasmolitica a livello della mucosa gastrica e duodenale. Tra i suoi costituenti ritroviamo un olio essenziale ( ricco di α-bisabololo ad azione lenitiva), flavonoidi (apigenina e luteolina), cumarine etc. L’attività terapeutica è dovuta alla sinergia tra la parte lipofila (in particolare α-bisabololo) e la parte idrofila ( in particolare l’apigenina). Utile nel trattamento e nella prevenzione di gastriti, coliti, esofagiti etc.
Può dare interazione con il warfarin(coumadin).
L'altea
Pianta utilizzata per l’elevato contenuto in mucillagini le quali formando un film protettivo sulle mucose svolgono un’azione antinfiammatoria, antiacida e citoprottetiva. L’effetto emolliente viene esercitato su tutte le mucose (bocca, gola, stomaco e intestino). Può dunque essere utile in diverse manifestazioni patologiche come le gastriti, le infiammazioni intestinali, le faringiti, la tosse etc.
La formulazione migliore per sfruttare le sue proprietà è il macerato a freddo della radice sminuzzata.
L'aloe
L’uso di questa pianta si è molto diffuso negli ultimi anni. Essenzialmente vengono utilizzate due parti: dai tubuli periciclici esterni presenti sotto l’epidermide della foglia si estrae il succo che viene poi condensato a secchezza. Questo è ricco di antrachinoni e viene usato come lassativo.
Al contrario dalla parte più interna della foglia viene estratto un gel ricco di acqua, lectine, polisaccaridi, vitamine, fattori di crescita e tracce di antrachinoni. Negli ultimi anni il gel è stato introdotto nella pratica clinica dermatologica e chirurgica per le sue proprietà antinfiammatorie e cicatrizzanti, oltre che come componente di diversi prodotti ad uso cosmetico.
Quello che normalmente viene commercializzato come succo d’aloe da bere altro non è che il gel d’aloe diluito e viene sfruttato per le sue caratteristiche protettive, emollienti e lenitive in caso di gastriti e ulcera, come depurativo e come regolarizzante intestinale. Interessante anche l'azione antiadesiva nei confronti dell'helicobacter pylori.
Essenziale al fine di ottenere un buon effetto terapeutico la titolazione in polisaccaridi, meglio ancora in acemannano che è caratteristico dell’aloe. Gli antrachinoni non sono mai del tutto assenti ma devono essere ridotti al minimo.
L'Aloe potrebbe dare interazione con gli ipoglicemizzanti orali, dunque cautela è consigliabile per le persone diabetiche.
La liquirizia
L’estratto delle radici di liqurizia è costituito da glicirizzina, una saponina tripertenica, da altre saponine, flavonoidi, cumarine e fitosteroli.
Svolge un’importante azione citoprotettiva, antinfiammatoria e cicatrizzante a livello della mucosa gastrica e duodenale sia per contatto diretto con la lesione sia per stimolo della produzione di muco protettivo. Grazie a questo tipo di azione è ottimo come coadiuvante nella terapia dell’ulcera o come prevenzione di questa problematica. La presenza dei flavonoidi garantisce inoltre un’azione antispastica a livello della muscolatura liscia viscerale.
L’acido β-glicirrizico, metabolita attivo della glicirrizina, ha un'importante attività antinfiammatoria e cortisonico simile andando a ridurre la metabolizzazione dei corticosteroidi a livello endogeno oltre a bloccare la reazione del complemento e interferire con il metabolismo dell’acido arachinodico. L’estratto di liquirizia andrebbe assunto sotto controllo medico perché se per brevi periodi non dovrebbe dare problemi per periodi più lunghi può alzare la pressione, alterare l’equilibrio idro-salino, soprattutto per quanto riguarda la potassemia, oltre ad interferire con l’assunzione di cortisonici.
Solitamente si usa l’estratto secco titolato al 20% in glicirrizina che fornisca tra i 250 e i 500 mg di sostanza attiva, da assumere prima dei pasti principali.
La menta
L’olio essenziale di menta, presente anche in farmacopea (4,4% di mentolo, 4,5-10% di acetato di mentile, 15% di mentone) viene sfruttato soprattutto nella patologia del colon irritabile per la sua azione spasmolitica a livello della muscolatura liscia, antinfiammatoria e lenitiva. L’olio essenziale di menta è aggressivo se assunto puro per bocca, così come tutti gli oli essenziali. Dovrà dunque essere somministrato in capsule gastroresistenti soprattutto per evitare il contatto con la mucosa dello stomaco dal momento che causando il rilascio dello sfintere di oddi potrebbe portare ala comparsa di un'esofagite da reflusso.
Ovviamente per quanto appena detto sarà controindicato in chi soffre di gastrite o di reflusso gastroesofageo.
L’uso principale lo si ha in caso di colite con spasmi a livello viscerale, dolore e meteorismo.
Il finocchio
L’olio essenziale di finocchio ha un tropismo particolare per la muscolatura liscia del sistema digerente con azione spasmolitica. E’ la pianta d’elezione nel caso di meteorismo e ci aiuta ad eliminare il gas in eccesso. Utile ad esempio nella sindrome del colon irritabile degli adulti, nel reflusso gastroesofageo o ancora nelle coliche dei bambini.
Gli Enzimi digestivi
Soggetti che presentano dispepsia, difficoltà digestiva e meteorismo spesso presentano una carenza di enzimi, sostanze proteiche fondamentali nel processo digestivo.
In questi casi si può ottenere un miglioramento della sintomatologia fornendo un pool di enzimi che sostengano tale processo.
Amido di riso fermentato: L’amido di riso fermentato è un fitonutriente multienzimatico che si ottiene dalla fermentazione dell’amido di riso con alcuni ceppi batterici o con il fungo Aspergillus oryzae. Una volta completata la fermentazione andiamo ad aggiungere acqua per estrarre la componente idrosolubile. A questa soluzione si addiziona alcol per ottenere un precipitato . Questo precipitato, insolubile in alcol ma solubile in acqua, rappresenta il complesso multienzimatico conosciuto come amido di riso fermentato.
Ananas: pianta esotica conosciuta per il suo frutto è in verità il gambo ad essere interessante dal punto di vista terapeutico. Infatti da questo si estrae la bromelina, enzima proteolitico sfruttato per la sua attività antinfiammatoria, particolarmente utile nella risoluzione degli edemi, può comunque essere sfruttata anche nel caso di dispepsie e digestione lenta.
Papaya: dal frutto della papaya si estrae la papaina, un’enzima proteolitico molto utile nel caso di dispepsie ipoenzimatiche di origine gastrica o pancreatica.
Diverso il discorso della papya fermentata, ultimamente proposto come rimedio antiaging, contiene un complesso di amminoacidi utili per dare tono, energia, sostenere l’attività fisica, muscolare e cerebrale. E’ stata proposta anche nella cura del Parkinson pur non essendoci prove scientifiche a sostegno.
La Vite rossa
Le foglie di Vitis vinifera vengono raccolte subito dopo il periodo della vendemmia, quando presentano un colore rosso acceso, da cui il nome appunto di vite rossa. Queste foglie sono particolarmente ricche di bioflavonoidi, sostanze dalla forte azione antiossidante molto importanti nel mondo vegetale dove, oltre a dare sfumature di colore molto belle alle piante e ai frutti in cui si trovano, forniscono protezione contro le radiazioni solari e gli attacchi di parassiti esterni.
I bioflavonoidi come detto sono presenti in diverse specie vegetali e assumono funzioni differenti in base al fitocomplesso della pianta in cui sono presenti. Ad esempio la silimarina nel cardo mariano ha un’azione epato-protettiva, mentre le catechine del tè verde sono potenti antiossidanti con azione antiaging.
I bioflavonoidi della vite rossa sono conosciuti con il nome di proantocianidine, particolarmente importanti per la loro funzione vaso-protettiva. L’utilizzo di questa pianta deriva dall’osservazione di alcuni ricercatori i quali avevano notato come i viticoltori francesi non soffrissero di disturbi venosi. La spiegazione fu ritrovata nell’abitudine di fare infusi ed impacchi con le foglie di vite rossa quando sentivano le gambe pesanti ed indolenzite.
Le proantocianidine presentano un effetto protettivo vasale nei confronti dell’ossidazione causata dai radicali liberi dell’ossigeno(ROS) che, come noto, possono causare danni a diverse strutture presenti nel nostro organismo.
Tra i vari meccanismi che possono spiegare l’azione antiossidante vi è sicuramente l’inibizione della xantino-ossidasi, enzima che grazie alla sua azione contribuisce alla produzione di ROS. Altri enzimi inibiti sono la collagenasi, l’elastasi, la ialuronidasi e la beta-glucuronidasi, tutti responsabili della degradazione della matrice esterna che riveste i capillari. Dunque l’inibizione di questi enzimi contribuisce al mantenimento della compattezza e della resistenza vasale.
Il Mirtillo nero
Il Mirtillo nero è un frutto spesso presente sulle nostre tavole che presenta diverse azioni benefiche. I componenti farmacologicamente attivi sono gli antociani, sostanze che presentano una spiccata attività vaso-protettrice.
I meccanismi con cui si esplica questa attività sono principalmente di due tipi: un meccanismo intravasale che vede il legame degli antocianosidi con i fosfolipidi di membrana delle pareti vasali, le quali vengono così schermate da eventuali danni. Il secondo meccanismo è invece di tipo extravasale, con uno stimolo nella sintesi di glucosaminoglicani, specialmente acido ialuronico, costituenti fondamentali del manicotto mucopolisaccaridco pericapillare che riveste la parete esterna dei vasi sanguigni, oltre ad un'inibizione degli enzimi elastasi e collagenasi con un ulteriore protezione della struttura vasale.
Abbiamo inoltre una protezione dell'endotelio dei vasi arteriosi e dei capillari dai danni del diabete, del fumo e dell'ipertensione grazie ad un'importante azione antiossidante dovuta all'inibizione della xantina ossidasi.
Un'altra attività particolarmente interessante è quella che riguardante la vista, con miglioramento soprattuto della visione notturna grazie a una facilitazione nella rigenerazione della rodopsina.
Interessante anche l'attività lenitiva e cicatrizzante a livello delle mucose che lo rende utile nei casi di gastrite con danneggiamento della parete gastrica.
La Valeriana
La Valeriana presenta un’azione ansiolitica dovuta principalmente ad un blocco della degradazione del Gaba e ad una stimolazione diretta dei recettori gabaergici. Oltre ad un effetto ansiolitico utile in caso di stress e di ansia presenta anche un’azione spasmolitica importante in caso di somatizzazione viscerale. Allo stesso modo abbiamo un effetto ipnoinducente che aiuta a favorire il sonno, senza però causare sedazione o perdita di concentrazione. L’azione della Valeriana si esplica nelle prime ore della notte e non è dunque indicata nel trattare i risvegli precoci.
L'estratto maggiormente studiato prevede 300 mg di estratto secco titolati allo 0,8% in acidi valerenici, di cui almeno il 90% deve essere rappresentato da acido valerenico, mentre il rimanente 10% da suoi derivati meno attivi. Si consiglia l'uso di compresse a rilascio rapido visto che gli aicidi valerinici sono acidi deboli e possono essere in parte assorbiti già a livello gastrico.
La Passiflora
Pianta dall’attività ansiolitica e sedativa. Ottima per rilassare e favorire il sonno qualora la problematica sia legata al rimuginare, ad un'attività cerebrale continua, allo stress e all'affollamento di pensieri. Utile per gli studenti prima di un esame perché ci si sveglia riposati e le funzioni mnemoniche vengono preservate. Non vengono inoltre compromesse le funzioni lavorative.
Molto utile per le somatizzazioni viscerali dal momento che agisce anche sulla muscolatura liscia gastrica, intestinale e bronchiale riducendo così i fenomeni di somatizzazione ansiosa.
In tintura madre assumere 40-50 gtt al giorno fino a 3 volte al dì, di cui una dose prima di coricarsi. Preferibilmente assumere durante la giornata per rilassare l’organismo e prepararsi all’eventuale associazione con una droga ipnoinducente prima di andare a dormire.
In estratto secco la dose giornaliera è di 200-300 mg di estratto secco titolato e standardizzato in iperoside (minimo 0,3%) o in flavonoidi totali (minimo 4%), da assumere suddivisi due volte al giorno, di cui una la sera, poco prima di andare a dormire.
Si associa con successo a droghe ipnoinducenti come Escolzia e Valeriana qualora vi siano problemi d’insonnia legati a stress ed ansia e difficoltà nell’addormentarsi. E' da tenere in considerazione una possibile associazione con biancospino qualora ansia e stress influiscano anche sull'attività cardiaca.
L'Escolzia
L’attività più importante dell’Escolzia è quella sedativa ed ipnoinducente.
Trova la sua applicazione principale nel trattamento dell’insonnia caratterizzata da difficoltà nell’addormentarsi, dal momento che riduce la latenza del sonno, o anche in caso di frequenti risvegli notturni visto che è possibile assumere l’escolzia anche al momento del risveglio. Uno dei vantaggi di questa droga vegetale è quello di avere un’attività più blanda e meglio tollerata rispetto ai farmaci di sintesi come le benzodiazepine, di conseguenza non altera le capacità mentali durante il giorno e non da sonnolenza al risveglio.
La Centella asiatica
La centella, nota anche come Hydrocotyle Asiatica, è una pianta medicinale utilizzata da secoli per le sue proprietà cicatrizzanti. Le moderne scoperte scientifiche hanno messo in evidenza la capacità dell’estratto di centella asiatica di stimolare la produzione di collagene andando ad agire a livello dei fibroblasti, cellule preposte alla sintesi di tale sostanza. Nello specifico l’estratto di centella asiatica aumenta la captazione da parte dei fibroblasti di lisina e prolina, amminoacidi fondamentali per la costituzione del collagene, aumenta la produzione di tropocollagene(unità costitutiva del collagene) e più in generale stimola la sintesi dei mucopolisaccaridi acidi del tessuto connettivo. E' interessante il fatto che non venga solamente stimolata la sintesi di più collagene ma anche il tipo di collagene prodotto risulta più stabile.
In questo modo si va a rinforzare la struttura portante in cui sono immersi i vasi sanguigni fornendo maggiore sostegno e favorendo la circolazione. Per quanto riguarda le sostanze cui vengono attribuite le proprietà farmacologiche si fa riferimento alla frazione triterpenica costituita da acido madecassico, acido asiatico e asiaticoside.
L'Ippocastano
L’estratto d’ippocastano contiene escina, una miscela di saponine molto utilizzata nel trattamento dell’insufficienza venosa. L’escina è in grado di migliorare la resistenza vasale riducendo così la fuoriuscita di liquidi e la conseguente formazione di edema. Risulta molto importante anche per l’azione venotonica, favorendo quindi la contrazione delle pareti venose e il conseguente ritorno del sangue verso il cuore riducendo il ristagno di liquidi in periferia. Il meccanismo d'azione sembrerebbe essere collegato alle acquaporine, dei canali presenti sulle pareti vasali che regolano la fuoriuscita dei liquidi. L'escina sembrerebbe regolare il diametro e il numero di questi pori. Uno studio metteva in relazione l'efficacia dell'escina con quella della pressoterapia evidenziando effetti sovrapponibili con l'ovvio vantaggio della migliore compliance legata all'uso dell'estratto di ippocastano.
Il Meliloto
Il Meliloto è una pianta erbacea ricca in cumarine e flavonoidi attivi in particolare nel drenaggio linfatico e venoso, particolarmente interessante in caso di edema e di ristagno dei liquidi. Può avere diverse applicazioni che vanno dal trattamento dell’edema post-chirurgico, dell’edema post-traumatico, nel campo estetico per quanto riguarda il trattamento della cellulite, nell’insufficienza venosa qualora sia accompagnata da gonfiore delle gambe e delle caviglie.
Il meccanismo d’azione sembra essere legato ad una modulazione delle acquaporine, i canali presenti a livello dei vasi che controllano la fuoriuscita dei liquidi, i quali dovranno poi essere drenati dai vasi linfatici.
Il Meliloto è controindicato negli epatopatici e in soggetti che fanno uso di anticoagulanti e antiaggreganti. Cautela per quanto riguarda il trattamento degli edemi postoperatori perché potrebbe favorire allo stesso tempo emorragie, quindi andrebbe eventualmente assunto sotto controllo medico.
L'Amamelide
L'amamelide è una pianta utilizzata per l'elevato contenuto di flavonoidi e tannini. Questo tipo di composizione la rende utile nel trattamento dell'insufficienza venosa e delle emorroidi per via dell'azione flebotonica.
Interessante anche l'attività antiflogistica per cui viene sfruttata nelle infiammazioni cutanee e del cavo orofaringeo.
Per questo tipo di utilizzo si predilige una formulazione ad uso esterno come ad esempio un collutorio per uso orale o una crema ad uso cutaneo a seconda del tipo di problematica.
Per quanto riguarda invece l'insufficienza venosa si preferisce l'uso dell'estratto secco assunto per bocca.
Un'altra attività interessante è quella astringente ed antiemorragica utile nella cicatrizzazione delle ferite o in caso di flusso mestruale abbondante.
Il Cardo Mariano
Il cardo mariano è una delle piante più famose ed utilizzate quando si parla di depurazione epatica. Dai suoi semi si ottiene una miscela di flavolignani, per la precisione silibina, silicristina e silidianina, nota come silimarina. La funzione della silimarina è quella di stabilizzare le membrane cellulari e lisosomiali degli epatociti con aumento della loro resistenza. Va annoverato anche un effetto antiossidante e radical scavenger utile per diminuire gli effetti nocivi dei radicali liberi dell’ossigneo(ROS), oltre all'inibizione della perossidazione lipidica e allo stimolo della rigenerazione dell’epatocita.
E’ sicuramente la pianta d’elezione quando si voglia effettuare una depurazione stagionale del fegato, ad esempio ai cambi di stagione, o in soggetti che assumono molti farmaci e che hanno bisogno di un sostegno. Essenzialmente il compito della silimarina è quello di mettere a riposo funzionale l’epatocita favorendone la rigenerazione.
Molto utile anche nella steatosi epatica, ossia nelle situazioni in cui abbiamo un accumulo di grasso a livello epatico, dove comunque è sempre richiesta anche una modifica delle abitudini alimentari.
Possiamo trovare l'estratto di cardo mariano in commercio abbinato con altre piante o altre molecole utili al fine di ottenere un'azione sinergica, come ad esempio la vitamina E ad azione antiossidnate o il glutatione che aiuta nella depurazione epatica. Un altra cosa da sottolineare è che la silimarina è scarsamente assorbita a livello intestinale quindi si consiglia di privilegiare prodotti a base di silimarina fitosoma, ossia un estratto che ha subito un particolare processo di lavorazione tale da renderlo maggiormente assorbibile e quindi più efficace.
Il Carciofo
Il carciofo è una pianta ampiamente conosciuta ed utilizzata in ambito culinario ma il suo estratto trova notevoli applicazioni anche in fitoterapia.
A livello epatico mostra un’importante azione coleretica e colagoga favorendo la produzione di acidi biliari grazie ad un’azione sinergica da parte degli acidi organici contenuti( acido citrico, malico e succinico) e all’azione diretta della cinaropicrina. Come per tutte le piante ad azione coleretica e colagoga si consiglia cautela in chi soffre di calcolosi biliare perché l’aumentato flusso di bile potrebbe portare ad una migrazione di microcalcoli.
L’altra attività per cui il carciofo è particolarmente sfruttato è quella ipocolesterolemizzante, legata principalmente all’azione sempre della cinaropicrina che aumenta i recettori per le LDL a livello epatico favorendo quindi il trasporto del colesterolo dalla periferia, dove potrebbe depositarsi a livello vascolare causando danni, verso il fegato. Si registra anche un aumento delle HDL (il così detto colesterolo buono).
Importante poi l’inibizione della HMG-CoA, enzima responsabile della sintesi di colesterolo. Questo effetto, analogo a quello delle statine di sintesi, permette di abbassare i livelli di colesterolo totale nel sangue.
In conclusione, visti gli effetti benefici del carciofo a livello del profilo lipidico e del fegato, questa pianta può essere il trattamento d’elezione nel caso di paziente con steatosi epatica e dislipidemia, sempre in abbinato ad un adeguato regime alimentare e qualora non sia richiesto un intervento farmacologico.
Il Tarassaco
Il Tarassaco, noto anche come Dente di Leone o “Piscialetto”(dalla tradizione contadina, nome riferibile all’effetto diuretico della pianta) è una pianta solitamente utilizzata per la sua azione depurativa a livello epatico. Tra i principali componenti attivi ricordiamo i lattoni sesquiterpenici, polifenoli derivanti dall’acido idrossifenilacetico e dall’acido cafeico, triterpeni, fitosteroli e sali di potassio. Le parti della pianta utili da un punto di vista terapeutico sono le foglie e le radici.
L’estratto ottenuto dalle foglie presenta un’azione a livello della secrezione cloridro-peptica nello stomaco andando a stimolarla e favorendo così i processi digestivi.
Anche l’azione epatoprotettiva è attribuibile alle foglie. Si annovera in questo senso una maggiore produzione di bile che sostiene la digestione delle sostanze grasse a livello intestinale oltre a favorire l’eliminazione di scorie a livello epatico.
Per quanto riguarda l’effetto diuretico questo è da attribuire principalmente ai flavonoidi e ai sali di potassio. L’aumento della diuresi aiuta l’eliminazione di scorie tramite i reni oltre a contrastare la ritenzione idrica. Può essere dunque d’aiuto in caso di cellulite anche grazie ad un’azione di stimolo a livello del circolo linfatico.
Per quanto riguarda la radice questa può contenere fino ad un 40% di inulina in base al periodo di raccolta. L’inulina svolge un’azione importante come prebiotico fungendo da nutriente per la flora batterica intestinale ed è responsabile dell’azione di stimolo del transito intestinale associata al Tarassaco.
Come tutti i rimedi fitoterapici anche il Tarassaco ha delle controindicazioni e andrebbe usato sotto la supervisione del medico o del farmacista. Ad esempio può interferire con in FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) per l’azione irritante a livello della mucosa gastrica, è controindicato in soggetti con calcolosi biliare visto che l’aumentata produzione di bile può portare alla migrazione di microcalcoli. E’ controindicato anche in chi presenta problemi di gastrite o ulcera peptica e può interferire anche con farmaci diuretici ed ipoglicemizzanti.
La Berberina
La berberina è una molecola estratta dalla Berberis Aristata, pianta storicamente usata per il trattamento delle infezioni intestinali grazie alla sua azione antibatterica. Per un caso di serendipity, dunque in maniera casuale, si è scoperto come potesse avere un effetto interessante anche a livello della glicemia.
Infatti durante il trattamento con questo fitoterapico di un gruppo di diabetici affetti da un’infezione batterica intestinale si notò un interessante e non previsto abbassamento dei livelli di glucosio nel sangue.
Questo tipo di scoperta venne “dimenticata” per diversi anni ed è stata rivalutata ultimamente portando la berberina alla ribalta come una molecola molto interessante nel trattamento della sindrome metabolica.
Per sindrome metabolica intendiamo un quadro patologico in cui i normali valori che si possono determinare tramite la misurazione del sangue, ossia glicemia, trigliceridi e colesterolo, risultano alterati. Questo quadro è sempre più diffuso nella società occidentale e rappresenta sicuramente una situazione importante che potrebbe nei prossimi anni divenire un’emergenza dal punto di vista sanitario.
Dunque una molecola che riesca ad agire su tutti i parametri della sindrome metabolica rappresenta sicuramente una novità interessante.
La berberina lavora aumentando l’espressione dei recettori per l’insulina, quindi accentua la sensibilità dei tessuti target verso l’insulina con un effetto simile a quello della metformina, uno dei farmaci più usati nel trattamento del diabete.
A questo tipo d’azione si unisce un effetto importante nell’abbassamento del colesterolo totale e dei trigliceridi. Per quanto riguarda l’azione sul colesterolo questa è alternativa all’effetto delle statine. Infatti queste ultime(che rappresentano la classe di farmaci maggiormente usata nel trattamento dell’ipercolesterolemia) agiscono bloccando l’HMG-CoA Reduttasi e riducendo così la sintesi endogena di colesterolo. Al contrario la berberina agisce aumentando l’espressione dei recettori per le LDL a livello epatico favorendo così la ricaptazione del colesterolo da parte del fegato. Dunque avendo un meccanismo alternativo a quello delle statine potrebbe essere interessante una loro associazione per facilitare il raggiungimento del target nel controllo del colesterolo.
Un’altra considerazione che va fatta è che la statina per un suo meccanismo “indesiderato” riduce l’espressione dei recettori per le LDL a livello epatico e la berberina riesce a ridurre questo effetto collaterale, motivo in più per un possibile beneficio da una loro associazione. Ovviamente la berberina potrebbe essere una molecola utile anche come primo approccio all’ipercolesterolemia in caso di valori borderline di colesterolo o nel caso d’intolleranza del paziente verso le statine.
Un’ultima considerazione va fatta sul discorso della formulazione: la berberina è una molecola ben assorbita a livello intestinale ma con una scarsa biodisponibilità. Questo perché è presente una molecola a livello degli enterociti intestinali che espelle la maggior parte della berberina una volta che questa ha superato la barriera intestinale. Per ridurre questo meccanismo si può aggiungere nella formulazione della berberina la silimarina che legandosi alla proteina responsabile di questo meccanismo ne riduce l’interazione con la berberina stessa.
Ricordiamo che pur essendo la berberina un prodotto di origine vegetale è sempre bene chiedere consiglio al proprio medico curante o al farmacista prima di assumerla, specialmente se si usano altri farmaci in contemporanea.
La Boswellia Serrata
La Boswellia Serrata, nota anche come pianta dell’incenso, è un albero diffuso prevalentemente nella zona del sud-est asiatico e in India. La resina che fuoriesce dall’incisione della corteccia una volta essiccate si coagula in goccioline molto aromatiche che bruciate sprigionano la fragranza caratteristica dell’incenso.
Oltre all’uso tradizionale l’oleo-resina della boswellia è ricca di una serie di attivi che chimicamente rientrano nella classe dei triterpeni. Quello che viene sfruttato dal punto di vista farmacologico è l'acido acetil-11-cheto-beta-boswellico (AKBA).
E’ stato dimostrato come l’AKBA sia in grado di inibire la 5-lipossigenasi, enzima responsabile della sintesi di una classe di molecole ad azione infiammatoria nota come leucotrieni. Andando ad inibire la sintesi dei leucotrieni si ottiene un ottimo effetto antinfiammatorio senza avere danni collaterali a livello gastrico come nel caso dei FANS( la classe di farmaci ad azione antinfiammatoria maggiormente utilizzata).
La Boswellia può essere usata in caso di:
- Dolori osteoarticolari
- Artrite reumatoide
- Tendiniti
- Reumatismi
- Stati generali d’infiammazione
Altre possibili applicazioni della Boswellia sono quelle nel campo delle infiammazioni gastrointestinali come nel morbo di Chron, nella sindrome del colon irritabile o nella rettocolite ulcerosa. Un’altra interessante azione è legata alla proprietà antiasmatica; diversi studi infatti dimostrano come l’estratto della boswellia somministrata a pazienti asmatici ne migliori le capacità spirometriche.
La Curcuma
La Curcuma è una spezia particolarmente famosa per il suo utilizzo tradizionale nella cucina indiana. Rientra infatti nella ricetta usata per la preparazione del Curry oltre a poter essere usata da sola come spezia in uso alimentare. La curcuma viene inoltre sfruttata sia in campo alimentare che in campo industriale come colorante.
Lo scopo di questa scheda d’approfondimento è invece mettere in evidenza le caratteristiche curative della curcuma riconducibili alla sostanza più attiva del fitocomplesso, la curcumina.
L’azione più importante e nota è sicuramente quella antinfiammatoria e antidolorifica.
Ritroviamo infatti la curcuma in diversi integratori usati nel trattamento di forme d’infiammazione cronica, di dolori osteo-articolari e reumatici. Spesso può essere in combinazione con altri fitoterapici come la boswellia serrata, l’artiglio del diavolo,
o con sostanze come il condroitin solfato e il collagene utili per riparare le cartilagini.
Ci sono studi interessanti che mettono in evidenza l’uso della curcuma e della boswellia nella sindrome del colon irritabile e in altre patologie infiammatorie intestinali.
Un altro uso potenzialmente interessante ma ancora da approfondire è quello antiossidante e antitumorale. Infatti proteggere il DNA cellulare dall’azione dei radicali liberi potrebbe aiutare la prevenzione di mutazioni a livello del genoma che porterebbero allo sviluppo di patologie maligne. Però come detto l’azione antitumorale merita ulteriori approfondimenti.
In ultimo ci concentriamo sulla biodisponibilità della curcumina, ossia sulla quantità di molecola che effettivamente ritroviamo in circolo dopo la sua assunzione. Il problema principale di questa molecola è infatti il suo scarso assorbimento a livello intestinale e il fatto che una volta assorbita sia in gran parte metabolizzata ed inattivata a livello epatico.
Per limitare questo tipo d’inconveniente solitamente si ricorre ad una particolare formulazione nota come fitosoma, una sorta di liposoma ottenuto complessando la curcumina con fosfolipidi da lecitina di soia. Questo tipo di accorgimento permette di aumentare l’assorbimento intestinale della curcumina. Per quanto riguarda invece la metabolizzazione a livello epatico si ricorre solitamente all’abbinamento con la piperina, molecola che permette appunto di ridurre questo tipo d’incoveniente.
La curcumina presenta anche un’importante azione coleretica e colagoga che da una parte permette di detossificare il fegato, d’altro canto risulta controindicata in soggetti che presentano calcoli a livello biliare.
Dr. Guglini Giacomo